La Vita
"E a morire a me stesso non imparo"
(foto: Angiolo Silvio Novaro con il suo cane)
Angiolo Silvio Novaro
"E a morire a me stesso
non imparo"
La Vita
Angiolo Silvio Novaro
poeta
romanziere
sceneggiatore
pittore
traduttore
La Vita
Angiolo Silvio Novaro nacque a Diano Marina il 12 novembre 1866 da Agostino Novaro e Paola Maria Sasso, e fu battezzato nella parrocchia di Sant’Antonio con il nome di Sylvius Robertus.
Come si può notare il nome originario era Silvio Roberto: quello di Angiolo fu aggiunto successivamente per un’affettuosa abitudine familiare. Il poeta era un bambino buono e gentile tanto che le persone di casa erano solite ripetergli: “Sei un Angelo”.
Studiò nelle scuole tecniche di Porto Maurizio, ma da sé imparò il latino. Da sé imparò anche il francese (nel 1936 tradusse “La Vita di Gesù” di François Muriac); imparò l’inglese (nel 1930 tradusse “L’Isola del Tesoro” di Stevenson); imparò il tedesco (tradusse “Ermanno e Dorotea” di Goethe).
La Pittura
Il suo primo amore fu la pittura, che a causa di una infiammazione agli occhi abbandonò per darsi alla scrittura di novelle ed in seguito di poesie.
A 18 anni copiò da una vecchia stampa la testa di Leopardi morente, sotto la quale scrisse:
"Certo che non voglio vivere tra la turba: la mediocrità mi fa una paura mortale.
Nel 1884 inviò all’Esposizione di Torino un piccolo dipinto intitolato “Montagna ligure”, che fu molto apprezzato dalla critica e con il quale vinse il primo premio.
"Non è raro, nel mondo delle lettere, il caso di autori che, dopo qualche amorazzo con le Muse, nell’età in cui è lecito peccare, si decidessero un bel giorno, come chi metta giudizio, a lasciare le aeree vette del Parnaso per umili, ma sicuri sentieri della prosa.
Molti eccellenti scrittori di prosa furono cattivi i mediocri versaioli sul principio della loro carriera letteraria. E chi di noi non fu cattivo poeta fra u 15 e i 20 anni? Ma più singolare e più interessante è il caso di Angiolo Silvio Novaro. Ecco un nobile prosatore, un prosatore di razza, eccolo improvvisamente abbandonare la prosa per darsi alla poesia.
E chi di noi non fu cattivo poeta fra u 15 e i 20 anni? Ma più singolare e più interessante è il caso di Angiolo Silvio Novaro.
Ecco un nobile prosatore, un prosatore di razza, eccolo improvvisamente abbandonare la prosa per darsi alla poesia."
Così commentava l’articolo de “La Nuova Lettura”, Torino, in data 15 maggio 1905.
La Casa Rossa
Angiolo Silvio Novaro visse alla “Casa Rossa” con la moglie Laura e l’unico figlio Jacopo.
“Casa Rossa” che descriveva ”come un’amante nascosta in uno scialle di ulivi”.
Fu un uomo riservato, serio, elegante, che incuteva, proprio per queste sue caratteristiche una certa soggezione.
Chiacchierando col Poeta di Eugenio Gandolfi:
Ero salito poco prima alla "Casa Rossa " dalla città che si perdeva ora in una pallida nuvola di luce; avevo bussato al cancelletto di ferro; ero passato nella penombra di un lungo corridoio; ero sceso per uno scalone di marmo giù nel giardino.
Il poeta mi si era fatto incontro; mi aveva stretto forte la mano.
Angiolo Silvio novaro, questo ligure lavoratore e poeta, ha edificato il suo eremo sui rocciosi pendii di Capo Berta per guardare forse eternamente il suo mare e il suo cielo azzurrissimi; e nella Casa Rossa egli vive fuori dai rumori e delle chiacchiere della città, della vita stessa della sua chiara immaginazione e nella pace simpatica della famiglia
Giornale di Genova:
Se hai occhi, puoi ammirare un geniale assorbimento di tutti i fiori: viole, garofani, margherite, ciclamini , verbene, begonie, zinie, geranii, cinerarie, asteri, colios, salvie, acairanti, ed altre pianticelle e rampicanti; e che ti colpiscono d'ammirazione, disposti come sono in bellissimo ordine, sotto le palme ed i pini, i cipressi e gli oleandri, sotto i pergolati di gelsomino.
Nella varietà di questi fiori vi è, naturalmente, anche la regina. Ed è la rosa.
Di rosa son le siepi; di rosa è cinta la balaustra. Festoni di rosa adornano la terrazza e pendono sul tuo capo.
Accademico d'Italia
Nel 1929 venne nominato Accademico d’Italia.
“Amava l’Accademia, ma più che vantarsi di appartenerle, provava un sommo onore di servirla”
Così scriveva Lucio D’Ambra.
L’Accademia d’Italia fu istituita il 7 gennaio 1926 ed inaugurata il 28 ottobre 1929. Composta inizialmente da trenta membri di nomina governativa, essa fu poi allargata fino a sessanta membri sempre nominati dal capo del governo, cioè da Benito Mussolini, sulla base di tre terne di nomi suggeriti dagli stessi accademici.
Testimonia tale procedura il telegramma inviato a Novaro il 28 settembre 1929:
“Novaro prof. Angelo Silvio - Oneglia. Sono lieto di parteciparle che con decreto in corso Sua Maestà il Re su mia proposta ha nominato la S.V. Accademico d’Italia per la classe delle lettere. Mussolini”
L’articolo 2 del decreto istitutivo ne precisa così le funzioni:
“L’Accademia ha per scopo di promuovere e coordinare un movimento intellettuale italiano nel campo delle scienze, delle lettere e delle arti, di conservare puro il carattere nazionale, secondo il genio e la tradizione della stirpe e di favorirne l’espansione e l’influsso oltre i confini dello Stato.”
Il ricco archivio di Novaro fornisce utilissime informazioni sulle attività dell'Accademia e sulle modalità dell'elezione.
La Scomparsa
Il 10 marzo 1938, con la sua morte, scompare con Angiolo Silvio Novaro uno dei più onesti poeti della vecchia generazione.
Un articolo de “La Stampa” di Torino dell’11 marzo 1938:
"La dipartita di Angiolo Silvio Novaro è un gravissimo lutto per le lettere e per l’Italia; ma per noi e per la Liguria è qualcosa di più: è un lutto inconsolabile di famiglia."