Le Opere
"guidato dall’ unica guida che avessi a mia disposizione: il mio gusto."
(foto: Illustrazione di copertina de "Il Cestello")
"..guidato dall’unica guida
che avessi a mia disposizione:
il mio gusto."
da "Le più belle pagine" di A. Poliziano
Opere
Angiolo Silvio Novaro
poeta
romanziere
sceneggiatore
pittore
traduttore
Scrittore
Dal libro di Ada Ruschioni:
Il nome e la fama di Angiolo Silvio Novaro sono particolarmente legati al Cestello e alla Bottega dello Stregone, meritatamente inclusi fra i classici per l'infanzia.
Ma l' esordio letterario dello scrittore è assai antecedente, di un venticinquennio circa, a queste opere, rispettivamente del 1910 e 1911; perchè egli fece il suo ingresso nel mondo della narrativa con Manoscritto d'una vergine del 1887, seguito a breve distanza, dai racconti: Sul Mare (1889) e Il libro della pietà (1894), e dai romanzi: Giovanna Ruta (1891), La Rovina (1897) e L'Angelo risvegliato (1901).
Angiolo Silvio Novaro giovanissimo compose bozzetti e novelle di soggetto paesano, e studi di costume marinaresco pubblicati su riviste letterarie di Torino.
Nel 1887 pubblica Sul Mare. Sono sei racconti ambientati entro un quadro marino e "pur di soli due anni posteriore a Manoscritto di una Vergine, questa opera segna un'evoluzione stilistica sulla precedente, in un periodare più agile e sincero, con diradati e attenuati arcaismi - Ada Ruschioni
Nel 1889 pubblica Manoscritto di una Vergine. Un romanzo che rivela molte note di lirismo e verismo, di osservazione psicologica e paesistica che si ritroveranno nel Novaro Migliore.
Nel 1891 pubblica Giovanna Ruta:
"il Novaro può, in tre righe appena, rappresentare meglio un paesaggio che un altro scrittore non possa tentare di farlo in una pagina intera. Belle visioni degli ameni colli di Liguria, amorose visioni della sua Oneglia, lembi di mare avvolti di luce, lembi di coste perdentesi nell'ombra! Vivide ore di tramonto e chiarori sereni d stelle, ritratti con così poche linee, come solo alla vera arte è dato"
Così scriveva Giacinto Ciamone su Cronaca Partenopea.
Nel 1894 La Gazzetta Letteraria di Torino si occupò con favore della sua ultima pubblicazione Il Libro della Pietà.Il Fogazzaro giudicò questo romanzo "fresco, spontaneo, ricco di buoni germi".
Il 12 maggio 1897, viene pubblicata La Rovina. Il lungo racconto che per l'alta carica drammatica e, più propriamente, passionale del protagonista, si discosta sotto molti aspetti da tutte le precedenti ed anche seguenti opere novariane. Ceccardo Roccatagliata Ceccardi scrive ad Angiolo Silvio Novaro a riguardo del libro La Rovina:
"...Io amico, per il ricordo dei fiori del tuo giardino, e per i salti di gioia del tuo Fido non ho potuto tacere. Sì, il tuo libro ha gravi mende e le ha perchè nell'anima tua freme e s'agita troppa poesia; perchè tu talora canti, e non suoni; perchè dipingi e non iscrivi".
Poeta
Si apre con la raccolta di versi La casa del Signore, edita nel 1905, la stagione poetica del Novaro, la prima: quella che dopo le prove narrative già tentate, scopre definitivamente il vero volto dello scrittore, ossia la genuina vocazione lirica, di cui, come s'è visto, portano il riflesso e il segno anche le prose.
L'accento prevalentemente lirico dei romanzi e dei racconti ci ha fatto riconoscere nel narratore ora verista, ora romantico, il poeta, giunto però piuttosto tardi alla poesia, ma che è stato in ogni senso il tempo più felice della sua vita di uomo e scrittore.
Di questa maturità e serenità familiare e spirituale sono una eloquente ed armonica testimonianza le tre raccolte: La casa del Signore (1905), Il Cestello (1910) e Il Cuore nascosto (1916) che costituiscono entro il primo decennio di poesia, il primo ciclo lirico, seguito, ma a notevole distanza, da un secondo ciclo.
C'è ancora, dunque, nel tessuto lirico di queste poesie, la lacrima, ma asciugata; e c'è il dolore, ma composto, perchè elevato e trasfigurato in quell'anelito della vita e in ordine al sommo Bene, cui ormai l'uomo Novaro è proteso instancabilmente.
Dice il poeta al suo cuore:
"Credi, o deluso cuore, credi; ancora
Non è caduta la cinerea sera
Che già ridendo all'anima che spera
Splende la nova rosseggiante aurora"
Romanzi e Novelle
(1887) - Manoscritto di una Vergine, (romanzo) Milano, Quadrio
(1889) - Sul Mare, (novelle) Milano, Cronaca Rossa
(1891) - Giovanna Ruta, (romanzo) Torino, Roux e C.
(1892) - Sulla soglia della felicità, (racconto) Genova, Tipografia Sordomuti
(1894) - Il libro della pietà, (novelle) Milano, Chiesa e Guindali
(1897) - La rovina, (racconto) Milano, Baldini e Castoldi; II edizione Milano, Treves 1922
(1898) - L'angelo risvegliato, (romanzo) Milano, Baldini e Castoldi; II edizione Milano, Treves 1901
Poesie
(1905) - La Casa del Signore, Torino-Genova, R. Streglio
(1910) - Il Cestello, Milano, Treves
(1916) - Il Cuore Nascosto, Milano, Treves
(1929) - Il Piccolo Orfeo, Milano, Treves
(1936) - La Madre di Gesù, Milano, Mondadori
(1939, postumo) - Tempietto, Milano, Mondadori
Prose d'Arte
(1919) - Il Fabbro Armonioso, Milano
(1927) - Dio è qui, Milano, Mondadori
Libri per Ragazzi e Scuole
(1910) - Garibaldi ricordato ai ragazzi, Firenze, Bemporad
(1912) - La festa degli alberi spiegata ai ragazzi, Firenze, Bemporad
(1911) - La bottega dello stregone (racconti), Milano, Treves
(1924) - La fisarmonica, Milano, Treves
(1933) - Il libro della classe IV elementare, Roma, Libreria di Stato
Letteratura Varia
(1918) - L'elogio della madre in Eroica vol. III anno III, Milano
(1925) - Le più belle pagine di Angelo Poliziano scelte da Angelo Silvio Novaro, Collezione diretta da Ugo Ojetti, Milano, Treves
(1931) - Lettere di Jacopo Novaro ai suoi genitori 1917 (edizione fuori commercio), Torino, Paravia
Traduzioni
(1933) - R.L. Steenson: L'isola del tesoro, Milano, Mondadori
(1951) - F.Mauriac: Vita di Gesù, Milano, Mondadori, "Quaderni Medusa" 1927, ora in B.M.M.
Teatro
(1899) - Il potere occulto (dramma) rappresentato nel 1898, pubblicato nella rivista Flegrea, Napoli
La Casa del Signore
(1905)
Si annunciano e si riscontrano facilmente nell'opera prima di poesia, La casa del Signore, quelle note inventive e stilistiche che rimarranno caratteristiche di tutta la produzione lirica del nostro poeta.
Una prima caratteristica è l'esclusione di quegli elementi tenebrosi, passionali o, comunque sia, drammatici, presenti in alcuni romanzi, quali Giovanna Ruta e La Rovina, e l'esclusione pure di toni oratori e polemici a sfondo ideologico-sociale, frequenti nell'ultima narrativa.
A questi si viene sostituendo un'atmosfera integralmente opposta e nuova, di distacco dalle passioni e di idilliaca serenità, che attinge la sua bellezza e la sua forza da un ideale di rinuncia e di sublimazione degli stessi affetti.
Il Cestello
(1910)
È il cestello il volumetto di liriche meritatamente più fortunato e famoso del nostro autore, unanimemente giudicato dalla critica un piccolo capolavoro nel genere di poesia dedicata ai fanciulli.
In quasi tutto il Cestello, prevale, ed è anzi elemento stilistico distintivo dell'intera raccolta, il ritmo della cantilena o della filastrocca, il cui uso frequente sembra dimostrare una precisa predilezione del poeta per la ninnananna materna, quasi ritmo della tenerezza stessa.
La Stampa, Torino, 29 dicembre 1910, Enrico Thovez, riguardo la selta di far fare le illustrazioni de "Il Cestello" a Domenico Buratti:
"Che in Italia per illustrare un libro di poesie per bimbi, autore ed editore facciano appello ad un artista vero è cosa che conforta e fa bene sperare per l'avvenire. L'arte dell'illustrazione è una di quelle che fra noi erano cadute in basso."
Il Cuore Nascosto
(1916)
La terza raccolta di versi, Il Cuore Nascosto, è l'opera della piena maturità dell'uomo e del poeta.
Se ne riscontrano i segni e nel progresso lirico delle forme e nei motivi elevati a un più alto piano di pensiero e di meditazione, ed anche in quell' "allegrezza un po' mesta ma buona" che, psicologicamente e liricamente, sembra filtrare nei versi dal canto del domestico idillio.
Jacopo è già alle prime armi, e l'ispirazione del padre risente, in vari momenti, di un vago presentimento e di quasi anticipati rimpianti della consueta pace.
Questo de Il Cuore Nascosto è il maturo canto della bellezza dei giorni chiari, "i più chiari dell'anno" ("In cielo nessuna nuvola / In cuore nessun affanno"), dal cui conforto il poerta attinge "a sorsi brevi l' "effusa felicità".
E di questa felicità il periodo lirico traduce candida purezza, talora nella bella concentrazione di un solo verso:
"È l'ora d'una grazia infinita"
Ma questa de Il Cuore Nascosto, è anche poesia ispirata da un vago presentimento:
"E tarda il figliuolo a tornare,
La casa sembra più muta
La casa sembra più vuota,
E tu mi guardi smarrita
Quasi un'ansia ti percuota,
Cara vita.
.....
E pensi tuo figlio
Lontano, e ti sembra crudele
La vita che dona e poi ti toglie."
Il Fabbro Armonioso
(1919)
Testo di Ada Ruschioni:
Così in una pagina del Fabbro Armonioso, piccolo capolavoro di prosa d'arte e di poesia il Novaro tratteggia e liricamente ricompone l'atmosfera di idillio domestico alla Casa Rossa, rievocando la musica mattiniera del figlio:
"Chi ci destava eri tu, Di buon ora ti mettevi al piano... E la bellezza passeggiava sulle ghiaie del giardino...""
e, insieme, spiegando il titolo del libro:
"...la mamma aveva detto un giorno, Il Fabbro Armonioso è il babbo. E tu avevi accettato la sentenza che lusingava lui e piaceva al tuo affetto. Perciò sonavi volentieri Il Fabbro Armonioso (brano musicale di Haendel) ... Nessuno di noi pensava allora che il vero "fabbro armonioso" eri tu ... E ciò che toccavi rendevi simile al sogno"
Ora il fabbro armonioso-padre che evoca il "gaio tremolio sonoro" del figlio nell'omonimo libretto, giustamente definito dal Palazzi (in "Giornale di Poesia", Varese, 1926) "Il cantico dei Cantici dell'amor paterno" per la commossa intimità del colloquio rivolto al figlio invisibile, per l'alta carica lirica della stessa angoscia del rimpianto e della sussurrata, continuata, invocazione.
La vita di idillio domestico che prima "pareva musica" cosi "piena e perfetta che somigliava il sogno e viverla era vedere Iddio faccia a faccia", ora è squallida, svuotata di ogni senso e il poeta si sente sfinito, diseredato, cieco:
"ogni luce si è oscurata con te. I miei beni non sono più interi. Il mio pane è senza sale. La mia mano svogliata e la mia piccola bottega di mago disincantata"
"Svegliarsi era una cara sorpresa.. nel saluto mattutino rinnovavamo il patto che di tre anime e di tre passi formava un'anima e una passione sola... Come presto veniva la sera! Intorno alla triplice lamapda ci confessavamo... mettevamo ogni cosa in comune...Ripetevamo l'atto di fede..."
Ora si esprime il motivo della ricerca e quasi ritrovata sembianza filiale sul volto materno:
"...nelle linee del suo viso scopro ora, per la prima volta, tanto di te: questo ripossederti a ritroso nel tempo, attraverso lei che ti generava mi dà una dolcezza disperata."
Ed ora prevale quello della tenerezza che resta "accumulata" e quasi inattiva e vorrebbe, invece, continuare a donarsi:
"Le tenerezze che la mamma ed io mettevamo da parte per offrirtele tutte in una volta, le portiamo tutte qui accumulate che ci fanno carico e ingombro e il cuore non le può contenere. Le nostre braccia oppresse di doni si tendono nel vuoto"
Dopo questo primo ciclo di poesia, e precisamente dal 1916, anno della scomparsa di Jacopo, la musa del Novaro tace, e per più di dieci anni (1916-1929); e riprende voce solo nel 1929 coi versi del Piccolo Orfeo, seguiti da quelli de La Madre di Gesù (1936) e, infine, dal Tempietto (postumo: 1939), che insieme costituiscono il secondo ciclo lirico.
G.A.Borgese, tratto da Bibliografia di Alberto Viviani:
Quel che è morto non è un italiano, un alpino, un combattente: è Il Figlio Perfetto, colui che non doveva ne poteva morire ... c'è tanta umanità, c'è tanto stile in quelle brevi prose che io credo il loro successo, anche se grande, inferiore al merito.
Può essere che tra qualche anno si veda il libro con quello stacco che distingue le opere definitive.
Il Piccolo Orfeo
(1929)
Nel Piccolo Orfeo, il più "intensamente spiritualista" (così lo definisce E. Schaub-Koch nel saggio: A.S.Novaro 1939) tra tutti i suoi volumi di versi, il Novaro si stacca dai temi più consueti de Il Cuore Nascosto (amore, affetti familiari, nostalgia dell'infanzia e del passato), per riprendere, quasi esclusivamente, la meditazione sugli interrogativi eterni di Dio è qui, al cui contenuto soprannaturale psicologicamente e liricamente si allaccia.
Oppure subentra il motivo della giovinezza ("Bevevamo da te la giovinezza...") che è vita per i genitori e sete insaziabile, ad acuire il rimpianto:
"Non mi sono saziato abbastanza di te... La mia fame e la mia sete la nascondevo come una debolezza e un peccato"
Ma nel buio della separazione un'intima certezza sopravviveva e di diversa unione nutre e riscalda il poeta:
"Tu che ricevesti la vita, sei tu ora che la dispensi. Chi ti nutriva, si nutre di te... si orienta in te. Si volge a te per sapere che nome dare alla sue ore..."
"Camminavi dietro di noi, e ora siamo noi che camminiamo dietro a te."
"Le parti sono invertite ma la verità della favola rimane. Bisogna che il tuo Babbo comandi silenzio al suo cuore, scuota gli inutili pianti e si metta a cercarti per le vie che tu amavi. Allora forse il miracolo si compirà un'altra volta e, come dice la favola, tutto sarà di nuovo come al tempo lontano."
Questo miracolo, mentre egli ne scrive e lo spera, si compie nello stesso Fabbro Armonioso, dove tra poesia e dolore, commossa liricità e purissimo compianto, traspare una limpida vena di quella fede cercata e poi raggiunga, che nella successiva opera Dio è qui avrà il suo libero canto e mistico approfondimento, al culmine psicologico e lirico, cioè, dell'ascesa interiore.
Augusto Garcia, tratto da Bibliografia di Alberto Viviani:
In questo Piccolo Orfeo c'è qualcosa di più che nel Cuore Nascosto e nel Fabbro Armonioso: c'è un'intimità più profonda e più grande, solenne che talvolta così grandiosa che sembra tragica.
Giuseppe Liparini, tratto da Bibliografia di Alberto Viviani:
Novaro si è definito benissimo: Il Piccolo Orfeo.
La Madre di Gesù
(1936)
Preceduto dalla traduzione della "Vita di Gesù" di Francois Mauriac del 1934, questo poema è composto di venti liriche, tutte ispirate alla maternità di Maria e può considerarsi se non la diretta conseguenza di quella versione, avendo da tempo il Novaro abbozzato un poema sulla Madonna, almeno uno svolgimento.
Ebbe a confidare il Novaro:
"il travaglio è stato lungo e qualche volta disperato... Dopo un primo abbozzo mi era deciso, di non farne più nulla. Passarono parecchi anni senza che ci pensassi più. Un giorno ripresi, non so come, quei fogli, cancellai tutto, e incominciai:"
"'Umile come l'erba / dolce come l'uva', e Dio volle, senza incertezze nè intoppi arrivai alla fine."
Tempietto
(1939, postumo)
Scrisse G.Ravegnani:
"La difficoltà di portare la poesia alla sua essenza più misteriosa e impalpabile di pulirla d'ogni parola che non abbia la levità del cielo, di staccarla del tutto dagli echi della terra, è cosa da richiedere soltanto ai santi; nè pretendiamo che la poesia diventi sinonimo di santità"
Ebbene, questo sforzo di superare l'accennata difficoltà per portare l'arte ai limiti estremi si può dire tentato, se non addirittura realizzato dalle ultime liriche del Tempietto uscite postume nel 1939, con una introduzione di Ugo Ojetti, amico fraterno del nostro poeta.
Introduzione preziosa che, rivolta come un sommesso addio allo scomparso autore, sintetizza le note distintive e unitarie della poesia novariana, e in particolare del Tempietto, in termini di critica sapiente:
"...queste ultime musiche tue dove ogni pausa è un sospiro..."
"...queste ultime lente parole pronunciate, sembra, tenendo lo sguardo al tuo cielo e al tuo mare e la tua mano nella nostra... La tua poesia è tanto schietta e t'assomiglia tanto che è come una presenza..."
"...Di libro in libro la tua poesia s'è sempre più avvicinata alla mistica, e la tua arte alla musica..."
"...Talvolta il trapasso da un'immagine all'altra è in queste pagine così leggero ed aereo che sulle prime sembra invisibile..."