La Famiglia

"Il triplice pendente - Che al volgo non dice niente - Dica alla Camena - La bellezza di tre vite - Che una sola aurea catena - Tiene unite"

(foto: La moglie Laura con il figlio Jacopo)

"Alla Creatura che può darmi la felicità un'altra volta"

"Il triplice pendente - Che al volgo non dice niente

Dica alla Camena - La bellezza di tre vite

Che una sola aurea catena - Tiene unite."

Famiglia

Angiolo Silvio Novaro

poeta

romanziere

sceneggiatore

pittore

traduttore

La Moglie

Il 27 luglio 1894 Angiolo Silvio Novaro sposa Laura Butta, figlia di un avvocato torinese e cognata di Corradino Corrado, anch'egli Accademico d'Italia.

Il matrimonio fu felice, alimentato da vent'anni di gioia e serenità totali e cementato ulteriormente dal dolore. Il dolore per la morte del figlio Jacopo rafforza il sentimento che univa Laura e Silvio.

Laura era una donna intelligente, una mamma affettuosissima. Seguiva con discrezione i successi del marito, ma raramente appariva al suo fianco nelle cerimonie ufficiali.

Laura Butta in un momento di relax nel giardino della Casa Rossa

Ritratto di Laura Butta

Non visse, tuttavia, all' ombra del marito, ma seppe sempre conservare i propri spazi: coltivò la musica, laureandosi al conservatorio di Torino, si dedicò con grande generosità alla beneficienza e fu amica dei massimi artisti e letterati del suo tempo.

Spesso essi scrivevano a lei per avere notizie del marito, di cui non volevano turbare la tranquillità. Un esempio fra tutti, Francesco Pastonchi le scrive:

"Cara e gentile Signora, dai Laderchi so della noia fisica di Silvio: forse già in via di risoluzione. Non oso telefonarle per tema di esserle importuno. Ma lei sa quanto mi senta vicino d'affetto a Silvio."

Tra gli amici di Novaro c'era Gabriele d'Annunzio, che aveva molta ammirazione per Laura.

Colta, energica, pratica, seppe stare accanto al figlio Jacopo come "madre e sorella maggiore". Lo strazio per la morte del figlio non scomparve mai. Si attenuò, forse, con il tempo. Era molto generosa, capace di essere vicina con assoluta discrezione a chi ne aveva bisogno. La sua assistenza era rivolta verso i prigionieri di guerra, profughi, fanciulle in difficoltà.

Laura sopportò con grande dignità anche il dolore per la morte del marito.

Morì ad Imperia, il 24 luglio 1940: sopravvisse ad Angiolo soltanto due anni, che furono interamente dedicati a conservare il ricordo di quel marito, che era stato il fulcro della sua vita.

Il figlio

Jacopo Novaro nacque ad Oneglia il 16 agosto 1896 e morì il 3 giugno 1916 nella Piana della Mercésina, tra Vicenza e Trento.

I genitori adoravano quel ragazzo buono ed intelligente, ma non gli concessero mai le eccessive comodità derivanti dalle agiate condizioni di famiglia.

Non gli fecero mancare nulla, ma preferirono insegnargli il senso del dovere, il rispetto per gli altri, l'amore per lo studio e l'arte.

Ottimo nuotatore nel luglio del 1913 tentò di salvare (purtroppo invano) uno studente che ad Oneglia stava facendo il bagno nel mare agitato.

I giornali dell'epoca dettero ampio risalto al fatto.

Un giovane Jacopo Novaro al mare a Oneglia

Jacopo con il padre Angiolo

Frequentò il ginnasio e il liceo ad Oneglia e fu un allievo molto bravo. Giocava a tennis, era un buon alpinista, aveva molti amici. Ebbe un breve rapporto epistolare con Sibilla Aleramo, che, quando Jacopo morì, restituì le lettere alla sua famiglia, accompagnandole con un affettuoso biglietto.

Dopo la maturità classica, nel 1913, partì per Roma, iscritto al primo anno di giurisprudenza.

A gennaio del 1915 l'Abruzzo viene colpito dal terremoto. Jacopo con un gruppo di studenti parte per soccorrere quelle popolazioni.

Nella lettera del 14 gennaio 1915 scrive:

...Parto oggi per Avezzano. Nessun pericolo: ad ogni modo anche a voi come a me deve essere caro il pensiero che un'opera buona si compia in questo momento e doverosa per ogni italiano

Viene ammesso all'Accademia Militare di Modena.

Il 15 novembre 1915 gli arriva l'ordine di partenza per il fronte.

Stupisce la maturità di questo giovane non ancora ventenne, che ha un dovere da compiere e lo accetta.

La lettera del 31 maggio non è solo commovente, ma straziante.

"MIei carissimi, vado a compiere il nostro dovere sacrosanto ,nulla di più. Certo io vi dico una cosa: il dovere vostro non è per nulla più facile. Da voi esigo tenace, ostinata fiducia e calma. Pensate che io parto contento e sereno... La vostra calma non deve essere solo frutto di volontà, ma deve essere fiduciosa ragionata e persuasa. Andiamo verso un pericolo maggiore assai. E tutti si parte allegri. E ce se tiene una speranziella!"

Il 2 giugno scrive brevemente:

"Un forte abbraccio. Non aspettatevi lettere per un pezzo, ma solo, quando possibile, monche cartoline."

Non arriverà più nulla.

La notizia ufficiale della morte, verrà data alla famiglia con queste parole:

"Jacopo Novaro, non ancora ventenne, aspirante ufficiale nel 1° Reggimento Alpini, studente del II anno di legge all'università di Roma; caduto il 3 gugno 1916 al campo della Mercésina guidando il suo plotone all'assalto di una trincea nemica."

Il cadavere di Jacopo non fu mai ritrovato.

Jacopo Novaro nel giardino della Casa Rossa

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